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venerdì 30 aprile 2010

Candido ovvero L'ottimismo

L'edizione che ho letto io risentiva un po' della traduzione di linguaggio ancora un troppo desueto e ottocentesco (es. baciolla per la baciò) e della mancanza di alcuni passaggi poi riscontrati in un'edizione più moderna.
Questo mi ha forse impedito di immergermi appieno nelle avventure di Candido.
Nel complesso un libriccino divertente e ironico.
Candido di Voltaire, ovvero L'Ottimismo.
Opera del 1759, successivo e verosimilmente ispirato dal terremoto che distrusse Lisbona nel 1755.
Gli avvenimenti si susseguono con rapidità e bastano poche pennellate per tratteggiare i personaggi e i luoghi; eppure le intenzioni dell'autore sono chiare fin dalla prima apparizione dell'insuperabile precettore-filosofo Pangloss e le sue teorie sull'ottimismo e sulla capacità di vedere il buono in ogni cosa (pur dinanzi a cataclismi e tragedie), che l'autore mira a confutare con sapiente ironia.
Una lettura piacevole sebbene non troppo coinvolgente.
Il messaggio che emerge è universale: lo sforzo di raggiungere un obbiettivo non è mai commisurato a un senso totale di appagamento quando lo si è raggiunto, e c'è sempre qualcosa che ci manca.
Così Candido desidererà sempre qualcosa di nuovo, voltandosi contemporaneamente indietro a rimpiangere quel che fino a poco prima non voleva più.
L'Eldorado resterà sempre un miraggio, metafora di quell'irraggiungibile che si è toccato per un po' e cui non si può far ritorno.
Eppure l'ottimismo con cui dovremmo guardare le cose si svela nella frase finale di Candido (che non cito volutamente).
Una mia piccola curiosità: se Candido perde una gamba, come fa a danzare molte pagine dopo? ;)

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