Il blog è stato reindirizzato al seguente link:
http://lastregadeilibri.wordpress.com/

giovedì 3 dicembre 2009

Tempo di regali.

...E, come ogni buon autore dovrebbe fare, propongo un invito alla lettura, che non ci stancheremo mai di dire quanto sia necessario coltivare e incoraggiare.
Regalate libri, e sceglieteli con cura.
Prossimamente posterò una lista contenente l'elenco dei libri che io regalerei, e che meritano sempre di essere letti.
Per il momento, un piccolo personale suggerimento per quello che può essere un gradito regalo per gli amanti della lettura.


Attraverso il link indicato è semplicissimo ordinare il libro, che, in occasione delle feste, è scontato del 10%!
Grazie a chiunque leggerà quel che ho scritto....

Certo, mai fidarsi a occhi chiusi, o meglio a pagine serrate! :-) Chi acquista un maglione desidera prima provarlo davanti a uno specchio.
Al link sottostante potete trovare alcuni miei racconti/poesie.


Enjoy!





mercoledì 18 novembre 2009

Qualcosa di triste.

Qualcosa di molto triste è accaduto.
Non ho parole migliori per definirlo, ma qualcosa di doloroso è entrato nel mio cuore.
E' per questo che da molti giorni mancano le mie parole.
Quando il dolore si sarà trasformato in qualcos'altro, avrà mutato forma, avrà trovato colore, sarà pronto a far nascere nuove forme.
E, comesempre, dal dolore scaturirà la vita.

sabato 7 novembre 2009

Il cavaliere e il fuoco.

A distanza di un solo giorno anche un altro mio racconto che avevo candidato è stato eletto opera del giorno!
Il racconto è tratto dal mio libro: "Storie di Oggetti inanimati" che appare sulla sinistra del blog.

venerdì 6 novembre 2009

Racconto

Uno dei racconti scritti da me che preferisco, L'eclissi e il dirupo, che è possibile leggere a puntate sul blog (basta seguire le freccette in basso, al mese di gennaio 2009) è stato pubblicato come opera del giorno sul sito di Poesie e racconti.it
Il link è sulla sinistra fra i blog che seguo.
Spero che possa godere di una buona visibilità perché in molti mi hanno chiesto di poterlo leggere e vorrei fortemente condividerlo.
Enjoy!

giovedì 5 novembre 2009

La forma delle parole

La delusione, la paura, l'amarezza, il timore di fallire...
Sono queste le cose che intingono le nostre giornate e spesso ci inducono all'errore. Ci inducono a mordere il mondo e le persone, ci inducono a mordere il cielo e le nuvole, a mordere i sorrisi, a dilaniare le parole.
Troppo spesso ci accorgiamo di un vuoto non vuoto che ci entra nel cuore, di un peso che si chiama "quello che è intorno a noi, quello che è stato con noi e dentro di noi".
Perchè si chiama così e non possiede altro nome.
Non possiede alternative ed è inutile cercare di chiamarlo con nomignogli approssimativi e lontani dalla realtà.
Nomignoli che vorrebbero in parte cancellarne il senso, per una sorta di inconscio istinto di autoconservazione che ci induce a mutare la forma delle parole, sebbene il significato resti poi lo stesso.
E' una semplice riflessione, un semplice pensiero che prende forma, e non ha una logica, non ha un perchè... o forse ce l'ha, come tutto. E' il solito istinto beffardo che ci induce a rinnegare le motivazioni e il senso delle cose...L'istinto beffardo che non sempre difende la sopravvivenza; si camuffa da armatura ma in realtà è solo un mezzo per l'autodistruzione del pensiero.
Dare forma, dare un senso, è questa la sopravvivenza, è questo l'istinto che dovrebbe guidarci.
Ricordiamoci del cielo, del mare, delle foglie gialle, delle nuvole grigie prima della pioggia, solenni e malinconiche.
Troppo spesso dimentichiamo di essere esseri umani, di essere anime colorate, anime bianche e decorate, anime con pensieri, anime con riflessioni, menti e spiriti, e per quanto le nostre vite appaiano incatentate, il nostro pensieri ha ali e respiro.
Ricordiamoci delle parole, del pensiero che prende forma in noi ed esplode.
Ricordiamoci che POSSIAMO ESPRIMERE!


lunedì 2 novembre 2009

Addio ad Alda Merini

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200911articoli/48964girata.asp

Spazio
di Alda Merini

Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch'io lanci un urlo inumano,
quell'urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.

sabato 31 ottobre 2009

Alcune considerazioni...


Ci sono eventi che, quando accadono, sconvolgono l'opinione pubblica, come è giusto che sia.
L'ultimo di questi eventi è legato al nome, ormai tristemente noto, di Stefano Cucchi.
Eventi che sollevano le coscienze, inducono allo scambio di opinioni, spesso contrastanti, inducono alla solidarietà, al dissenso, a volte alla polemica, al confronto, alla condanna. Come è giusto che sia.
E' giusto che ciascuno abbia il diritto di dire la sua, di esprimere la propria indignazione, la propria sfiducia, a volte la paura, l'insicurezza, così come la voglia di capire, di avere giustizia, di non accettare quello che ci viene proposto come la verità e di andare a fondo. E' giusto e condivido in prima persona tutto questo.
Condivido la richiesta di giustizia, il desiderio di conoscere la verità; condivido lo scagliarsi contro ciò che è avvenuto e il desiderare che chi sbaglia paghi, ma sul serio, non come troppo spesso accade...
Ma non posso assolutamente accettare alcune affermazioni, e non poche e isolate, ma numerose e condivise, che ho letto ultimamente su Facebook e legate alla vicenda.
Affermazioni che si scagliano violentemente contro l'intera Arma, contro i Carabinieri e la Polizia in genere, come istituzione, contro le loro famiglie, contro persone non coinvolte nella vicenda, contro persone che vivono lontane anni luce nonché chilometri dalla vicenda, spesso compiendo il loro dovere con dignità e correttezza.
Come se questa fosse la soluzione al problema, e come se questo servisse a rendere pace e giustizia a una vicenda che in tal modo, diviene ancora più tragica.
Affermazioni che tirano con evidenza fuori spesso una rabbia sopita, nascosta dentro di noi, e che a volte, forse, si fa scudo di queste vicende, che meriterebbero più rispetto, per venire fuori.
Affermazioni che non discernono fra chi ha compiuto l'azione condannata e chi compie il proprio lavoro con dedizione e gettano nello stesso calderone il bene e il male, il giusto e l'errore, il positivo e il negato, solo perchè accomunati all'appartenenza a una categoria.
E sono proprio le categorie, la classificazioni, questa creazione di "anonimità" contro cui la società così spesso si ribella, per poi ricaderci individualmente al momento di commentare una tale vicenda.
La vicenda di Cucchi dovrebbe essere commentata a parer mio, con la moderazione tipica di chi vuol capire, di chi vuole esprimere il proprio dissenso, la propria indignazione, ma senza cadere in un gioco di condanne e accuse gratuite che istiga subconsciamente alla violenza e, se possibile, macchia ancora di più tutta questa storia...



giovedì 29 ottobre 2009

Novità sul libro "Cuore".

http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/cultura/2009/10/28/AMndZS3C-

Non ritengo che il trafiletto sia sufficiente a comprendere appieno il messaggio del libro dei due studiosi; credo che il saggio, che non ho letto, più che smitizzare, tenda forse a "rileggere" il libro "Cuore" in un'ottica nuova.
Bisognerebbe forse approfondire e andare oltre questo breve articolo prima di esprimere un giudizio. Ad ogni modo mi interesserebbe conoscere le opinioni che tutti coloro che hanno letto Cuore a scuola (praticamente TUTTI) hanno maturato istintivamente dinanzi all'articolo.
Attendo commenti.

Intanto il mio:
Beh, è sicuramente vero che non a tutte le età è possibile comprendere determinati concetti. Un bambino di 7 anni ,ad esempio, potrebbe trovare divertente leggere LA FATTORIA DEGLI ANIMALI di ORWELL (lungi da me in questo il voler fare confronti tra CUORE e LA FATTORIA DEGLI ANIMALI, è solo un esempio!) ma con molta difficoltà riuscirebbe a coglierne il messaggio. Probabilmente, ed è giusto che sia così, non si porrebbe neanche il problema di ricercarvi un messaggio.
D'altro canto, ripeto, non ho letto il saggio, di conseguenza non so di preciso cosa dica e da quale angolazione affronti il problema.
Mi sento però di dire questo: potrebbero aver fatto una critica corretta, e potrei concordare con alcune delle loro affermazioni. Ma c' di sicuro che i bambini non riusciranno forse a carpire i significati utopistici di CUORE (anche perchè a scuola non è su quelli che ci si sofferma), ma ne percepiscono di certo i molti spunti di riflessione sull'amicizia, la lealtà, il sacrificio, la sofferenza, la pietà.
In fondo, a parer mio, è solo una questione di chiave di lettura: anche molte favole per bambini o lo stesso PINOCCHIO, se lette con l'intento di trovarvi spunti profondi e socio-metaforici, potrebbero rivelarne di interessanti. Così come libri profondamente impegnati potrebbero essere letti, se presi in mano da un bambino, come storielle divertenti (prendiamo ancora LA FATTORIA DEGLI ANIMALI o LA COLLINA DEI CONIGLI!). Il lavoro che è stato fatto su CUORE potrebbe essere fatto su molta della letteratura, per l'infanzia e non. A questo punto, è necessario sempre ricordare, ed è sempre un mio parere, che LA LETTERATURA E' COME UNO SPECCHIO, i libri rimandano, pur con lo stesso sfondo, l'immagine di chi legge, e il significato di ciascuna storia varia in base al fruitore.
Quindi direi che CUORE può benissimo essere lasciato "in pasto" ai bambini, e al piacere che possono trarne loro.

martedì 20 ottobre 2009

Gli uomini che cadono

Storia di sette uomini, ritrovatisi senza sapere come su una spiaggia deserta. Con il solo carico dei loro ricordi intraprenderanno un viaggio doloroso e irto di ostacoli, reali e inconsci, alla ricerca della "strada di casa".
Sette storie che si intrecciano e fluiscono insieme, unite dall'unico comun denominatore delle guerra e della paura, del coraggio e del desiderio di vivere...

venerdì 16 ottobre 2009

Un romanzo fantasy ambientato in una scuola di magia?



Il libro inizia narrando la storia di un ragazzo che, fino agli anni della sua adolescenza, non è consapevole dei poteri magici che possiede.
Nel momento in cui lo scopre entra a far parte di diritto in una prestigiosa Scuola di Magia, dove, tra coetanei amici e nemici, corridoi misteriosi, tavole imbandite, imparerà, con l'aiuto del Maestro dei Nomi, il Maestro della Chiaroveggenza, il Maestro degli Incantesimi, a controllare e affinare i propri poteri, in vista della lotta che lo attende contro il terribile nemico che vuole impossessarsi del suo corpo e dei suoi poteri.

Non è ciò che potrebbe sembrare! Sebbene già immagini la smorfia di gioia o di fastidio (in base al gusto personale) che chiunque stia leggendo questo post avrà già abbozzato nel riconoscere ciò che è talmente noto da rendere incomprensibile quel "silenzio" di cui parlo alla seconda riga.

Il libro di cui parlo è "Il Mago di Earthsea", (primo della saga "La leggenda di Earthsea") romanzo fantasy della statunitense Ursula K. le Guin, pubblicato per la prima volta nel lontano 1969!
Incredibile vero?
Il ragazzo di cui parlo è il giovane pastore Ged, ribattezzato poi Sparviero, che vive con la zia nonché strega del villaggio, sull'Isola di Gont!
La scuola di magia è quella di Roke l'Inviolabile!
E il terribile nemico è l'Essere d'Ombra, generato da un'Atto di Violazione perpetrato dallo stesso Sparviero.

La Pentalogia prosegue con i romanzi: Le Tombe di Atuan 1971, La spiaggia più lontana 1972, L'Isola del Drago 1990, I venti di Earthsea 2001.
E' possibile naturalmente trovarli tutti racchiusi in un unico volume.

La storia e l'idea iniziale sono molto affascinanti; la lettura prosegue leggera e la scrittura e aggraziata e coinvolgente al tempo stesso.
I dialoghi, sebbene non frequenti, veicolano messaggi profondi e mai banali.
La chiave centrale della storia, sebbene la magia sembri intridere l'intero romanzo, è proprio quella di una letteratura quasi svuotata della magia, e le ali del fantasy si snodano fondamentalmente lungo la ricerca del sè, del nemico, del potere della parola e del silenzio, del pericolo che può albergare ovunque, specie nel proprio cuore. Il tema ricorrente della quest, anch'esso filo conduttore del romanzo, è rivisitato come propagazione della ricerca interiore.
Un fantasy nuovo per l'epoca, e nuovo ancora oggi, che dovrebbe ricevere maggiore luce e brillare fra le storie da ricordare.

Solo nel silenzio la parola,

solo nella tenebra la luce,

solo nella morte la vita;

fulgido il volo del falco nel cielo deserto.

(da La creazione di Ea, Ursula K. Le Guin.)




lunedì 28 settembre 2009

Omaggio ad un essere superiore.

Per tutti gli appassionati, come me, della natura, ecco di seguito alcune foto dalla mia collezione di immagini degli ALBERI!
Nonchè un breve compendio descrittivo di questi esseri imponenti e silenziosi che, a mio avviso,
sono creature superiori!
Sono affascinanti, poetici, silenziosi.
Ci procurano l'ombra e ripuliscono l'aria che respiriamo.
Ci regalano fiori e frutti.
Ci regalano serenità.
Ci regalano le foglie rosse d'autunno.
Ci ispirano.
Ci riparano.
Fanno da casa ad animaletti simpatici quali uccellini e scoiattoli.
Ci regalano il fuoco e un'infinità di altre cose (di cui potremmo fare anche a meno... tipo il Parquet!... Ma volete mettere la bellezza di una costruzione in legno?)
Trattengono la terra con le loro radici.
Sono utili a scopi scientifici (dendrocronologia!)
E tutto questo, senza dire una parola.


Con il termine albero si intende una pianta legnosa perenne, capace di svilupparsi in altezza grazie ad un fusto legnoso, detto tronco, che solitamente inizia a ramificarsi a qualche metro dal suolo. L'insieme dei rami e delle foglie determina la chioma che può avere forme diverse a seconda delle specie e delle condizioni ambientali.

Gli alberi si distinguono dagli arbusti non per le loro dimensioni ma per la presenza di un tronco nettamente identificabile e privo per un primo tratto di ramificazioni (esistono dei salici - alberi a tutti gli effetti - con portamento strisciante e alti solo pochi centimetri).

Questa corretta definizione botanica viene tuttavia a volte disattesa qualora si parli di alberi riferendosi ai loro possibili usi commerciali: in questo caso a volte vengono fissate delle altezza minime per la definizione di albero (es. 5 m di altezza per alcune norme FAO).

Il legno degli alberi è una fonte energetica (combustione diretta e carbone di legna) e un materiale da costruzione (intere abitazioni, travature, navi, mobili, oggetti d'uso comune ed artistici. Sempre dagli alberi, spesso coltivati allo scopo, si ricava cellulosa per la produzione della carta.

L'albero è una pianta legnosa allo stato adulto e a differenza dell'arbusto ha un fusto perenne, il tronco con ramificazioni nella parte superiore. Il tronco è formato da più strati: la parte più esterna costituisce la corteccia, il secondo strato è chiamato libro, il terzo è il cambio, infine il cilindro centrale che è formato dal legno. Ogni albero ha la sua sagoma caratteristica che gli deriva dalla conformazione del tronco (sviluppo in altezza e diametro) e dall'insieme delle ramificazioni. L'albero con la più grande circonferenza del tronco è il baobab: anche oltre 40 m di circonferenza. La chioma dell'albero è costituita dalle foglie e dai rami.

Può essere:

Le foglie possono essere caduche o persistenti, a seconda della loro forma si possono distinguere due categorie di alberi: aghifoglie e latifoglie.

Gli alberi possono vivere isolati o in associazioni, di un'unica specie (come una pineta) o di specie diverse (bosco o macchia). Poiché le radici sono molto lontane dalle foglie, gli alberi sono molto esigenti dal punto di vista climatico: non possono vivere nelle zone desertiche, subartiche e sui monti oltre una determinata altitudine, dove sono generalmente sostituiti da arbusti.

Gli alberi sono suddivisi in 3 categorie:

  • Forestali (che comprendono i boschivi e quelli coltivati per usarne il legno)
  • Fruttiferi (coltivati per frutti commestibile)
  • Ornamentali (di uso prevalentemente estetico)

Foto scattata da me Albero del Gran Canyon















Acero palmato Ciliegi

lunedì 21 settembre 2009

Primo giorno d'autunno.

8.05
...questa giornata è uggiosa ed essendo una delle prime a seguire l'estate, non invoglia a dire/fare molto.
Come si vede dalla foto sul titoletto del blog io adoro l'autunno, ma oggi non mi va giù che stia arrivando. Sento ancora il desiderio del sole e delle belle giornate.
Forse passeggiare in un boschetto dalle foglie rossastre, sentire il loro croccante scricchiolio sotto i miei passi, scorgere qualche allegro coniglietto saltellante potrebbe aiutarmi a metabolizzare l'arrivo di questo autunno impietoso. Il contatto con la natura fa sempre bene, specie con gli alberi, una delle mie passioni.
Amo osservare gli alberi, osservare il loro ondeggiare maestoso, ascoltare le loro voci impercettibili che permeano l'aria di un suono immobile, che si colorano di rosso e arancio...
Ma sì, in fondo l'autunno resta sempre la stagione più poetica e sublime dell'anno.
Basta guardare....

17.18
Il sole ha accennato un sorriso, e così ho fatto una passeggiata solinga e silenziosa nel boschetto lungo il fiume. Ed era proprio come avrei sperato. Mi pento di non aver portato con me la macchina fotografica per lasciare un segno visibile su questo arido web dello scenario che mi avvolgeva... sebbene noto con piacere che c'è molta somiglianza con la foto in alto a sinistra (che non ho fatto io).
Il giallo delle foglie croccanti a terra, il verde delle chiome degli alberi, il profumo dell'erba e delle castagne, il luccichio del fiume attraverso le fronde.
Avevo voglia di canticchiare, eppure non ci riuscivo, perchè qualunque suono, anche il più soave, avrebbe turbato la melodia degli alberi, e la sacralità del loro silenzio.
Non c'è che dire, dopo questa breve ma intensa passeggiata mi sento rinata.

mercoledì 16 settembre 2009

Concorso ILGIUNCO 2009

"Gli Uomini che cadono", il mio libro per intenderci, di cui è possibile vedere la copertina sulla sinistra della pagina, è arrivato finalista nell'ambito del Concorso Letterario ILGIUNCO 2009.
E' il primo concorso a cui partecipo con un libro edito, e, dopo il I premio conseguito con il mio racconto inedito "L'eclissi e il dirupo"(post del 22 Dicembre 2008), sono strafelice di questo risultato: essere fra i primi 20 su circa 1300 opere in concorso non è male.
Allego di seguito il link alla classifica finale:

http://www.ilgiunco.org/index2.php?option=content&do_pdf=1&id=11
(scorrere alla sezione "Premio Europa)

Nonchè un nuovo stralcio estratto dalle pagine del libro, IV capitolo.

"Mi sono arruolato a diciassette anni. E ora che ne ho sessantasei
posso dire che ho fatto una cazzata. A quest’ora potevo
starmene sottoterra assieme a Grenn, a farmi due risate su
questi stronzi che sono rimasti a lottare contro un nemico
invincibile che ci ha decimati, e poi ha abbandonato quei pochi
di noi che sono sopravvissuti a morire di fame in posti
sperduti.
Quel nemico ci ha combattuti da fuori con le bombe, i fucili
e tutto il resto. Ma questo non ha fatto di lui un nemico invincibile.
Lo è perché ci ha combattuti da dentro, ogni giorno,
con la paura, la sua Arma; una paura folle, che, senza che ce
ne accorgessimo, ha scavato dentro di noi come una foglia
che dal seme sale attraverso la terra e cresce, in silenzio. E
nessuno la vede fino a quando la sua punta verde non spunta
fuori e diventa una foglia vera, e poi tante foglie e poi un albero
che non si sradica più.
A quest’ora, anziché combattere, uccidere delle persone,
cagarmi sotto di paura ogni giorno, potevo stare sottoterra
insieme a Grenn a ridere di quegli stronzi che ancora ci credono,
che si difendono e che vogliono continuare a vivere. Fatela
voi questa fottuta guerra, noi siamo crepati e ci siamo tolti il pensiero.

A ridere di quegli idioti.

Bravo Grenn, tu sì che ci hai saputo fare. Ti sei preso le cose
belle. Abbiamo corso in mezzo hai campi, abbiamo preso in
giro i turisti, abbiamo baciato quelle ragazzine che abitavano
dall’altra parte della città, ci siamo ubriacati con quella birra
schifosa che vendeva August, e poi siamo cresciuti.
Tu te ne
sei andato... e io sono uno di quegli idioti di cui te la ridi sottoterra."






lunedì 14 settembre 2009

Caffè anglo-americano.

Mi sono alzata con una voglia matta di caffè anglo-americano!
La definizione mi appare più che giusta(sebbene, da italiana, verrò ritenuta folle): quel che viene considerato dai più come Caffè all'Americana non è altro che una riproposizione del timido e poco noto caffè inglese.
Per la maggior parte degli italiani, usi e "abusi" direi, alla minuscola tazzina di liquido oltremodo concentrato e aromatico, non è altro che una sorta di surrogato annacquato e poco saporito della nostra bevanda nazionale (sic!).
Per quanto mi riguarda preferisco di gran lunga l'altra versione (per quanto possa essere ritenuta una brutta scopiazzatura dell'originale), che incarna, a mio modesto parere, il perfetto prototipo di pausa relax: un bel tazzone o due (o bicchierone con tanto di coperchio cupoloide) stracolmo di bevanda calda e zuccherina quel tanto che basta per non cancellarne l'aroma, che accompagna per numerosi minuti ( e non per quei 30 secondi in cui il più delle volte ci si scotta la lingua) una conversazione, un lavoretto, un telefilm, una passeggiata, un viaggio.
Per non parlare del piacere di scrivere assaporando lunghe o brevi sorsate con la consapevolezza che il tuo caffè è ancora lì, leggero e saporito, e non scompare magicamente dopo pochi sorsi appena accennati.
Tanto per voler commentare la cosa da un punto di vista empirico-matematico: il tempo di preparazione è assolutamente improporzionale, per non dire spropositato, rispetto ai tempi di fruizione.
Affinchè la caffettiera cominci a fischiare e a eruttare il suo caffè, impiega (certo dipende dalla grandezza) dai 5 ai 10-12 minuti: affinchè la tua tazzina si svuoti impieghi da 5 a 10-12 secondi!
Dov'è finita la legge del minimo sforzo?????????????????????????????????????????
E quel che mi balena alla mente è questo: c'è una diversità di funzione di base! Il NOSTRO caffè è funzionale: svegliare, dar la carica, energizzare....
L'ALTRO (questo sconosciuto insipido) è decorativo: rilassante, piacevole, da gustare lentamente.
E, poichè HO GIA' una musichetta che mi sveglia tutte le mattine, il cellulare che suona, il computer che BIPPA, i clacson che strombettano e via dicendo, l'autobus che passa in anticipo o non passa... se posso, opto per l'opzione decorativa e rilassante.

lunedì 9 febbraio 2009

Il libro - IV puntata


J. S. Foer. - Ogni cosa è illuminata



Copertina Locandina film
del libro



Primo romanzo di un giovane scrittore americano, uscito nel 2002 e che raggiunge il successo grazie alla trasposizione cinematografica (poco pubblicizzata) che vede come un protagonista un in formissima Elijah Wood in un ruolo molto diverso da quello dell'hobbit!
Ma torniamo al libro.
La storia è quella di Jonathan, studente americano che arriva in Ucraina portandosi dietro un ciondolo d'ambra e una vecchia fotografia lasciatagli dalla nonna: la foto ritrae suo nonno e una donna, Augustine, attorno cui si crea un alone di mistero.
E' lei ad aver salvato la vita al nonno di Jonathan durante la Seconda Guerra Mondiale, e il ragazzo vuole assolutamente ritrovarla.
Accompagnato, nella sua "rigida ricerca", dai personaggi chiave di questo romanzo corale, pittoresco, curioso, sublime, delicato e sbarazzino insieme, che si distacca con tono ironico dalle sofferenze della guerra, spinto da una vena di comicità a non guardarle, per poi finirvi inevitabilmente dentro fino al pianto: Alexander Perchov, ragazzo ucraino dall'inglese biascicato e colorito, e il nonno autista affetto da cecità psicosomatica, che incarnano secondo una mia personale interpetazione della storia tutto ciò che Jonathan avrebbe potuto essere se fosse nato in Ucraina e tutto ciò che il futuro avrebbe potuto riservare a suo nonno qualora fosse rimasto, se non fosse fuggito. Una sorta di destino alternativo rispecchiato dalle comuni esperienze e che conduce irreversibilmente ad un incorcio dei rispettivi percorsi. Dimenticavo una figura fondamentale: Sammy Davis Junior Junior, cagna del nonno cieco, guida ufficiosa dalla personalità multipla e di una tenerezza inarrivabile.
Un libro emozionante, scritto con uno stile particolarissimo e originale, che rende al meglio le svariate voci susseguentesi all'interno delle vicende dei singoli personaggi accomunati da una sorte impersonata dalla guerra che inarrestabile plasma le loro scelte.

Consiglio vivamente, oltre alla lettura, la visione del film altrattanto coinvolgente, spassoso nella prima parte e nei dialoghi interculturali tra i due ragazzi talmente diversi fra loro, drammaticamente commovente nella seconda (chiedo venia per la non - rima) e nel finale liberatorio, in cui ogni cosa è illuminata.

Un'ultima nota di commento va alla colonna sonora, splendida e più che mai adatta, che fa da sfondo all'avventura e che riporta brani dei Gogol Bordello e dei Leningrad. Da ascoltare!

mercoledì 28 gennaio 2009

I mitici occhiali di J. Silver


Al di là del divertente cagnone alla vostra sinistra, la notizia che sto per proporvi è serissima!!!!!!!!!!!
Da quest'oggi, fra i miei pochi idoli, se ne aggiunge uno nuovo: Joshua Silver, fisico britannico, classe 1946 e inventore degli occhiali low cost che si regolano da soli, che ho conosciuto quest'oggi a pag. 8 del City di Bologna!
Non mi soffermerò sul meccanismo liquido/siringa che determina il funzionamento degli occhiali, quanto sulla portata di questa straordinaria invenzione. Ve lo dice una che problemi di vista ne ha un pò, e immagina cosa possa voler dire non avere la possibilità di mettere a fuoco il mondo che ci circonda.
Come sostiene lo stesso Silver, professore a Oxford (e dove se no?), una quantità immensa di persone, in tutte le parti del mondo, hanno bisogno di un paio di occhiali, ma in alcuni paesi, specie in Africa, esiste un ottico/oculista su 1.000.000 di persone.
Gli occhiali inventati da Silver non necessitano di una visita oculistica preventiva, in quanto è lo stessa persona che li indossa a regolarli in base al proprio grado di miopia.
Ciò che è ancora più importante: molti di questo occhiali (circa 30.000) sono già stati distribuiti in Ghana, e presto lo saranno in India e in molte altre parti del mondo.
Questo vuol dire un miglioramento della qualità della vita per molti: la possibilità di leggere=conoscere/imparare; di lavorare=produrre, distribuire.
Vuol dire permettere a tantissime persone che soffrono di uno dei disturbi più comuni, da cui molti di noi sono affetti e di cui spesso dimentichiamo l'esistenza, per la velocità con cui il problema viene risolto nel nostro contesto, di fruire dello stesso privilegio.
Mettere a fuoco è fondamentale per la qualità della vita, e mi auguro che il progetto di Silver possa realmente andare avanti!

http://blog.libero.it/MILIONIDIEURO/6396839.html
www.marcellosaponaro.it/blog/2009/01/11/il-genio-degli-occhiali/
www.adaptive-eyecare.com/aboutus.htm

sabato 24 gennaio 2009

IL LIBRO - III puntata


III puntata

Alex Haley
- Radici



Parlo oggi di questo romanzo non a caso. L'elezione di Obama ha condotto tutti noi a profonde riflessioni sui cambiamenti avvenuti nel corso della storia.
Il libro che sto per proporre può aiutare ad avvertire maggiormente la portata di un evento che, al di là dei futuri sviluppi, porta con sè la carica di un' immane svolta.


Roots: The saga of an American family.
Il romanzo dello scrittore afroamericano Alex Haley esce nel 1976 e nanna la storia della sua famiglia.
Personaggio chiave della vicenda è Kunta Kinte, originario di Juffure, villaggio del Gambia, da cui nel 1767, a soli sedici anni viene rapito mentre gironzola per il bosco alla ricerca del legno per costruire un tamburo.
La sua vita semplice, pura, ricca di tradizioni ancestrali, vissuta a contatto con la natura, intensa e sapienziale viene sconvolta da questo avvenimento. Egli viene condotto verso l'America in uno sfiancante e stravolgente viaggio all'interno della stiva di una nave, venduto in un'asta di schiavi, costretto a lavorare nelle piantagioni; tenta ripetutamente la fuga, viene terribilmente punito, soffrirà e lotterà ancora, avrà dei figli, andrà avanti, narrerà la sua storia....non tornerà mai alla sua terra.

Ho comprato questo libro per soli 2 euro da una bancarella del libro usato.
Ricordo lo sceneggiato che già molti anni fa mi aveva colpito, per la tenacia del protagonista che si ostinava a non rinnegare il proprio nome, Kunta Kinte, a favore del nome americano datogli dal suo padrone: Toby.
Il libro è emozionante e forte; il senso di ostinata ricerca che caratterizza il protagonista, strappato alla sua terra, ai suoi affetti, per essere trasportato in un ambiente diverso e ostile, trattato come un oggetto da poter vendere e gestire senza rispetto verso il suo mondo interiore, il suo dolore e i suoi desideri. La purezza incontaminata di quella sua terra d'origine e il suo desiderio incessante di farvi ritorno... un senso di angoscia mi ha pervasa nella lettura.
Pensate a quando noi stessi, nel trovarci imbottigliati nel traffico, per strada in un giorno di pioggia, incastrati nell'autobus stracolmo in un'afosa giornata di agosto, in un luogo dove ci annoiamo o che ci risulta ostile, desideriamo con tutti noi stessi venirne fuori, tornare a casa, ritrovare il sollievo.....già una situazione del genere ci rende astiosi, smanianti, perfino depressi, disperati.
Pensate a cosa vorrebbe dire non riuscirvi mai: restare PER SEMPRE imbottigliati lì, incapaci di fuggire, impediti nel poter godere della nostra vita. Questa è la sensazione che mi ha dato la lettura di questo romanzo, che non è fantasia, ma un resoconto angolare di quel che è avvenuto nel XVIII secolo a molti uomini che per il semplice fatto di essere di colore, di vivere in una terra incontaminata, all'apparenza selvaggia, incivilizzata, furono trasportati loro malgrado in una non - vita alternativa, avviluppati in quella vita, incastrati come la mosca in una ragnatela che soffoca senza ucciderti, ti lascia cosciente quel tanto che basta per indurti alla disperazione.
Kunta Kinte avrà un solo modo per tornare al suo Gambia: narrare disperatamente e senza sosta le sue storie, rimoltiplicare i suoi ricordi, per renderli imperituri, con i suoi figli e i figli dei suoi figli.
Finchè Alex, suo discendente, colui che ha scritto questa storia, deciderà DOPO 200 ANNI, di visitare la terra dei suoi antenati per ritrovare le proprie radici.
Solo così Kunta Kinta potra fare ritorno, tramite Alex, alla sua terra. Solo così potrà, simbolicamente, aver fine la sua agonia, la sua prigionia.

lunedì 19 gennaio 2009

Postilla al racconto.

Naturalmente, affinchè il racconto possa mantenere l'atmosfera d'angoscia e vuoto di cui è intriso e la tenerezza del suo messaggio, nonchè tutta la sua efficacia narrativa, consiglio a chi ha seguito la pubblicazione a "rate" di ritagliare qualche minuto per leggerlo dall'inizio alla fine (le prime parti si trovanoo nei posts di dicembre!)
E' breve e non porta via molto tempo.
Attendo i vostri commenti.
Grazie a tutti per l'interesse mostrato.

L'eclissi e il dirupo - Finale

Dammi una sigaretta, dai…
“E non mi guardare con quell’aria… che vuoi che ti dica?”
Anche io avrei voluto fumare un po’ assieme a Gap; vedere cosa si prova quando la sigaretta lunga e sottile si accorcia piano fra le labbra e in un istante si trasforma in una voluta di fumo che fuoriesce dalla bocca così come vi è entrata, simile a un gioco di prestigio: fazzoletto – cilindro – colomba = sigaretta – bocca –fumo….
Ma non mi offrì mai una sigaretta, e così, non potendo condividere quel momento di distensione o logorio con lui decisi di provarci autonomamente ma tutto ciò che ottenni fu la distruzione totale del pacchetto, foglioline sparse dappertutto, un senso di nausea e la gola come rinsecchita.
La stessa sensazione che provai il mattino dopo, quando lo vidi.
Temevo la sua rabbia alla vista del tabacco sul pavimento, ma la rabbia non ci fu…e ancora adesso mi sento come chi attende una punizione e non prova sollievo finché non l’ha subita. Vorrei che ricominciasse a sgridarmi…
Ma era immobile e privo di vita e quello che fece fu giacere a lungo, forse per sempre, non ricordo più, sul pavimento freddo, con me che tentavo di smuoverlo, chiamarlo, annusandolo lungo tutta la linea odorosa di paura del suo corpo; lungo il suo odore che andava dissolvendosi al trascorrere delle ore fino a lasciare solo un debole strascico d’aroma sulla pelle vuota; i suoi vestiti, il tabacco, il portachiavi, tutto si rimescolava nei miei pensieri attraverso i quali cercavo la causa e insieme la soluzione, che non c’erano. O forse c’erano, solo non sapevo trovarle.
Svegliati Gap…ma so che non ti sveglierai…
Sono solo un cane, e in quanto tale non in grado di comprendere le pulsioni dell’animo umano; dell’animo di chi da importanza alla posizione della giacca nell’ingresso o alla consistenza di una presa di tabacco ben arrotolata in una sigaretta e che non deve per nessuna ragione essere sparsa sul pavimento; di chi da importanza al posto dell’acqua che deve stare nella ciotola dove mantiene il suo aspetto di luna piena e non per terra, dove può rischiare di espandersi prendendo svariate forme, a volte irriconoscibili.
Tutte queste cose quando c’era lei non avevano importanza. Quando c’era lei tutto era al suo posto, anche quando non lo era affatto. Ma da quando lei è andata via e nessuno si è preso la briga di spiegarmi il perché, da quando Gap ha iniziato a parlare al telefono con rabbia e a dormire vestito, anche l’acqua dentro la ciotola sembrava fuori posto.
Sono solo un cane e con fatica comprendo le pulsioni di chi sceglie l’amore di una sola persona e, se la perde, dimentica che c’è anche qualcun altro che lo ama.
Anche io ti amo, ma non è lo stesso amore…e lo so, credo di saperlo…posso capirlo anch’io…
Mi sono limitato a dargli il mio amore lasciando che almeno quello trovasse il posto giusto, di fianco a lui, dove doveva e voleva stare, come una eclisse d’acqua in una ciotola semivuota. Avrei potuto parlargli e ci ho provato con il mio naso umido che conosce poche essenziali parole.
E me ne starò qui di fianco a lui che evapora pian piano, gemendo e guaendo; tutto ciò che posso fare, mentre i germi brucianti di questo dolore si moltiplicano scavando e scavando ancora fra le dune…
Nel mio cuore c’è un dirupo.
E a volte vi cado dentro.

venerdì 16 gennaio 2009

La misteriosa scomparsa delle bandierine arcobaleno.

Per l'ennesima volta mi riesce difficile e psicologicamente insopportabile apprendere di manifestazioni (fatte da Italiani) pro o contro Israele e Palestina.

L'ultima a Milano, corredata di immancabile combustione di bandiere!

Molti di coloro che leggeranno le mie opinioni, giunti a questo punto potrebbero pensare: ecco l'ennesima predica sui diritti di Israele, sulle colpe di Hamas e via dicendo… e quello non è giusto, e questo non è giusto, e quest'altro neanche.

Ma vogliamo darci una scrollatina e uscire da schemi fantasma?

Ora, non oserei mai e poi mai sindacare sul diritto che ciascun onesto cittadino che paga le tasse automaticamente acquisisce di bruciare simboli appartenenti ad altre culture, di mancare loro di rispetto, di pontificare in merito ai problemi di paesi le cui realtà sono lontane anni luce (molto spesso) da quelle di coloro che pontificano, di arrogarsi il sacrosanto diritto di "schierarsi" ed "essere di parte" quando si parla di guerra e dolore.

Non osando fare questo, mi limito timidamente ad esprimere la mia idea, che si fossilizza ed è sempre la stessa: non stiamo parlando del parcheggio condominiale, né della finale di Champions League.

E non riesco a spiegarmi il motivo di una manifestazione SCHIERATA!

Schierata con chi? Schierata a favore di cosa?

Ma si può tifare in una guerra?????????

Sono dell'idea che si dovrebbe piuttosto sfilare contro la guerra, asserendo di schierarsi a favore della pace!

Se noi stessi, che siamo lontani dai problemi della striscia di Gaza (e nessuno venga a dirmi moralisticamente che il problema è sulla nostra pelle perché nessuno di noi dorme sotto le bombe, ed è troppo facile manifestare empatia attraverso foto e immagini televisive) non abbiamo rispetto per la diversità di queste due culture, di questi due Stati, e del loro conflitto, e per primi decidiamo di schierarci, prenderne le parti, anziché condannare aprioristicamente la guerra e manifestare a favore della mediazione, come possiamo pretendere che chi vi è coinvolto lo faccia?

E in questi giorni, una misteriosa casualità si verifica sulle nostre finestre: che fine hanno fatto le bandiere della pace che tanto a lungo hanno sventolato, dimenticate sui davanzali delle città fino a ingrigirsi e intossicarsi di smog?


IL LIBRO - II puntata






La copertina del libro

La copertina del film



Richard Adams
- La collina dei conigli

Tutto il mondo sarà tuo nemico
o Principe dai Mille Nemici
e quando ti prenderanno, ti uccideranno... Ma prima dovranno prenderti. Sii astuto, inventa stratagemmi, e il tuo popolo non verrà mai distrutto.
(Dal mito di El-arahirà.)

Questo romanzo, il cui titolo originale è Watership Down, dall'omonima collina dell'Hampshire, fu scritto da Richard nel 1972, inizialmente per le sue due figlie (eh, che bambine fortunate!).
Come molti romanzi di grande successo ebbe alcune difficoltà a trovare un editore.
Racconta la storia di un gruppo di conigli che, a causa delle visioni distruttive del piccolo Quintilio, uno di loro, fuggono dalla conigliera di Sandleford alla ricerca di un posto migliore in cui vivere, sebbene gran parte della comunità abbia deciso (e a proprio immenso rischio) di restare, perchè impigrita e scettica.
Dopo numerose peripezie, prima fra tutte la permanenza nella conigliera di Primula Gialla, i conigli messisi in viaggio giungono su una nuova collina dove si sistemano sereni; si rendono presto conto di non aver portato con sè alcuna femmina e, per impedire che la loro piccola comunità si estingua, preparano una spedizione finalizzata alla ricerca di conigliette che trovano nella vicina conigliera di Efrafa, governata dal malvagio e dispotico Generale Vulneraria, un enorme e feroce coniglio.
A questo punto la storia entra nel vivo e succederanno molte, moltissime cose.
Non vado oltre per due motivi:
-nel riportarne la trama mi viene una voglia matta di rileggerlo;
-farne un riassunto è troppo restrittivo e rischierei di non fare giustizia a questo romanzo meraviglioso.
Al di là della trama, che potrebbe forse dare l'idea di una semplice fiaba, la storia è fine, narrata con maestria, ricca di aneddoti e metafore, meravigliose descrizioni, geniali invenzioni!
La coinvolgente figura del mitico Moscardo, il coraggioso Parruccone, il tenero Quintilio, il commovente Nerigno dalle orecchie tagliate, il pittoresco gabbiano Kehaar, e poi l'epico apparato delle gesta di El-Arhairà, signore dei conigli, l'inquietante scelta della conigliera di Primula Gialla, sono tutti elementi di una storia i cui protagonisti, pur essendo per scelta dell'autore conigli e animali, avrebbero potuto essere uomini, e che sono fortemente antropomorfizzati.
Una storia appassionante, in cui momenti di spasso si alternano a istanti di angoscia, tristezza, inquietudine e paura. Da leggere assolutamente!
Un romanzo che consiglio caldamente e che condurrà chi lo legge a una profonda riflessione, nonchè a uno smodato amore per i coniglietti e il loro insospettabile coraggio.
Segnalo infine che da questo libro è stato tratto nel 1978 l'omonimo film di animazione di M. Rosen, fedelissimo al testo, bellissimo per musiche (presente una canzone interpretata da A. Garfunkel, "Bright eyes") e disegni e un pò angosciante nella narrazione; da vedere assolutamente!

martedì 13 gennaio 2009

Felicia

Ci sono vicende sulle quali si vorrebbe parlare, esprimere un pensiero, un'opinione; commentare, accusare, sdegnarsi e condividere.
Ci sono vicende su cui però non sempre ci si riesce.
Ci sono vicende per le quali il commento più efficace è il silenzio.


In ricordo di una vita spezzata, un fiore spazzato via da un soffio nero.



http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=100079
http://www.oltrelebarriere.net/2107/una-donna-disabile-in-carrozzina-muore-dinfarto-per-una-rapina/

venerdì 9 gennaio 2009

Afta. Questa sconosciuta...


In quanto grande fan dell'Afta, o meglio è lei ad essere una mia fan visto che viene a trovarmi quasi ogni mese, posto per tutti coloro che non conoscono, o conoscono fin troppo bene come me, la nostra piccola, dolorosa amica, e vorrebbero saperne di più, alcune informazioni, le poche che è possibile reperire.

Invito tutti coloro che sono a conoscenza di ulteriori, più efficaci e duraturi rimedi, a intervenire e spargere il verbo....

Viene definita afta una dolorosa ulcera all'interno della cavità orale causata da una rottura della mucosa. Viene altresì indicata come stomatite aftosa e ulcera aftosa, specialmente se la ferita è multipla o cronica. La parola deriva dal greco áphtha (= pustola).

Sintomi [modifica]

Le afte spesso iniziano con una sensazione di bruciore o pizzicore sul sito della futura afta. Entro qualche giorno, essa svilupperà un'area rossa o una bolla, che precedono una piccola ulcera aperta.

Essa appare come un'apertura di forma ovale e colore bianco-giallastro, circondata da un anello rosso e infiammato, che nella maggioranza dei casi ha un diametro di circa 3-4 mm, ma può superare 1 cm nei casi più gravi, o anche essere grande meno di 1 millimetro; inoltre causa un dolore molto forte. Talvolta è possibile osservare un alone biancastro attorno alla lesione.

La gran parte delle ulcere possono decorrere da 1 a 4 settimane, e possono causare un dolore circoscritto e molto intenso per l'intera durata del processo di guarigione, oltre a un senso di spossatezza e malessere come se si avesse la febbre.

Cause

L'esatta eziologia delle afte è sconosciuta, ma tra i fattori che aumentano la possibilità di formazione delle ulcere si annoverano lo stress, l'affaticamento fisico e mentale, alcune malattie, le ferite causate da una accidentale masticazione della mucosa, cambi ormonali, mestruazioni, allergie a determinati cibi e insufficienze di vitamina B12, ferro o acido folico.

Consumare determinati alimenti, come il cioccolato, può innescare la nascita di afte in alcune persone. Una causa comune di afte è anche l'intolleranza al glutine, nel qual caso è possibile riscontrare formazioni aftose dietro ingestione di prodotti a base di grano, segale od orzo. Alcuni soggetti hanno sviluppato afte dietro consumo di zuccheri artificiali, come quelli presenti nelle gomme da masticare o nelle bevande dietetiche.

In alcuni soggetti si sviluppa in seguito al consumo di insaccati e pomodori crudi.

Le afte non sono contagiose.

Rimedi

Una vera ed efficace terapia che eradichi le afte non esiste, anche se qualche buon risultato si ottiene con fermenti lattici e propoli (senz'alcool), da assumere però per almeno 3 mesi. Nelle farmacie sono in vendita delle creme cicatrizzanti contro le afte che, se applicate diverse volte al giorno dopo una corretta igiene orale, riescono ad attenuare il fastidio, ma ovviamente non possono da sole eliminare il problema. Per attenuare il bruciore/dolore risultano molto efficaci gargarismi di bicarbonato sodico sciolto in acqua.

La cura dell'ulcera tipica dell'afta singola può giovarsi dell'applicazione topica di specifici prodotti a base di cortisone (Cortifluoral soluzione o Corti-fluoral, Aftab® - compresse adesive buccali o Topsyn® gel). Nei trattamenti locali delle afte hanno dato buoni risultati anche prodotti a base di Aloe vera (Alovex® - in gel o dischetti bioaderenti).

Tra i rimedi che vengono proposti per l'afta ci sono le toccature con succo di limone, che pur stimolando al momento la sensazione di dolore ne accelerano la guarigione, gli sciacqui con te nero ecc..

La guarigione dalle afte è per lo più spontanea: nell'arco di circa 10 giorni esse vanno incontro a un processo di cicatrizzazione, ma il vero problema resta il dolore provocato che induce il paziente a modificare la propria alimentazione e lo stile di vita.
Tra le terapie preventive consigliate a chi soffre di questo disturbo vi è l'assunzione di alcuni integratori a base di vitamina B12 (presente solo in alimenti di origine animale: tuorlo d'uovo, carne, pesce, pollame e formaggi), ferro o acido folico.
Attraverso la scelta di determinati alimenti, chi soffre di questo disturbo può prevenire o comunque ridurre gli episodi nell'arco dell'anno.

Visto che simpaticona? Non allego la sua foto perchè non è molto fotogenica....

giovedì 8 gennaio 2009

IL LIBRO

Ciao a tutti e buon 2009!
Apro il nuovo anno con una iniziativa cui dedicavo già da un pò il pensiero, e che prende ora forma concreta grazie al Blog e alle infinite opportunità del Web!
Proporrò settimanalmente, a chi avrà piacere di seguire questi piccoli consigli, la lettura di un romanzo.
Che sia speciale per il messaggio che contiene, per il suo pregio artistico, per la posizione che occupa nello scenario della letteratura, anche quella meno nota, si tratterà sempre di un libro che ha segnato con maggiore o minor forza alcune tappe della mia vita, che ha avuto parte essenziale nella costruzione della mia personalità, nella formazione della mia sensibilità letteraria e nell'accendere nel mio cuore il sacro fuoco della scrittura

I puntata

Il Mondo Estremo - Cristoph Ransamayr

Una copertina che non è fra le mie preferite...quella della Leonardo era molto più suggestiva!

Romanzo attualmente edito da Feltrinelli, ma pubblicato nel 1995 da Leonardo International, nella versione da me letta.
Christoph, classe 1954, è laureato in Filosofia ed Etnologia, e la sua formidabile passione per Ovidio emerge da questo romanzo, da questo amore nato e alimentato.
La trama, semplice nell'intreccio, narra la storia di Cotta, amico di Ovidio, trasportato dal desiderio di cercare e ritrovare l'esiliato poeta, che giunge nella sperduta Tomi, definita fra le pagine, con parole e descrizioni, la "città ferrigna".
Atmosfere a tratti "rugginose", a tratti incantate, a tratti angoscianti, a tratti salmastre, si alternano in questa storia narrata con una prosa sublime, tendente al poetico, astratta e insieme fortemente abbarbicata al mondo reale, a quella materia che ha in sè molto della poesia.
A colpirmi l'intrecciarsi delle situazione, in completo anacronismo fra loro eppure talmente adatte all'incastro da non destare sorpresa o smarrimento. E' stato piacevole appisolarsi e lasciarsi cullare dal passaggio lento e mai incolore da un episodio all'altro, dai fluttuanti stati d'animo dei personaggi, in una perenne Metamorfosi (a declamare ancora Ovidio) al cui interno l'unico reale protagonista è l'esilio, non solo del poeta, ma di ciascuno.
Un libro accattivante, forse non troppo leggero, ma che ho trovato squisito e raffinato, che mi ha coinvolta animo e mente, e che rileggerei altre mille volte.
Per chi frequenta il blog: è chiaro quanto io ami questo autore, come si nota dalla citazione posta all'inizio dell'"Eclissi e il dirupo"!
Sto attualmente leggendo, dello stesso autore, La Montagna Volante, che, seppur molto diverso nella trama, ha numerosi e formidabili punti in comune con la storia di Cotta, e di cui, appena chiuso, parlerò presto.

Un breve stralcio dall'Introduzione del Mondo Estremo:
I. Un uragano, era uno stormo d’uccelli alto nella notte; uno stormo bianco, che si avvicinava frusciante e d’improvviso si abbreviava nella cresta di un’onda immane, ormai a ridosso della nave. Un uragano, erano le grida e i singhiozzi nel buio sottocoperta e l’acre odore del vomito. Era un cane, reso folle dai cavalloni, che dilaniò i tendini di un marinaio. Sopra la ferita si rimarginò la spuma. Un uragano, era il viaggio verso Tomi.
Sebbene anche durante il giorno e in molti punti della nave, sempre più discosti, tentasse di scampare al suo affanno rifugiandosi nello stordimento o almeno in un sogno, sull’Egeo Cotta non riuscì a prendere sonno, e neppure in seguito sul Mar Nero. Ogniqualvolta la spossatezza lo induceva a sperare si calcava la cera nelle orecchie, si avvolgeva una sciarpa di lana azzurra davanti agli occhi, si metteva sdraiato e contava i suoi respiri. Ma la risacca lo sollevava, sollevava la nave, sollevava il mondo intero oltre la schiuma salata della scia, ancora più in alto, teneva per un attimo tutto in equilibrio e faceva poi precipitare il mondo, la nave e quell’uomo sfinito in una valle di flutti, nella veglia e nella paura. Nessuno dormiva.

L'eclissi e il dirupo IV

Ecco la quarta, ma non ultima, parte.

Ho imparato a distinguere le persone dai capelli bianchi in due categorie: alcuni osservano il mondo con l’aria di giudicarlo e rimproverarlo, consci che mai nessuno potrà provare ciò che hanno provato loro e lottare come loro sono stati capaci di fare; altri lo osservano invece con l’interesse di chi intravede cambiamenti che non può concepire e rielaborare e si limita a scrutarlo dal di fuori, con compiacenza e riverenza verso il futuro.
Il Vecchio apparteneva al secondo tipo e parlava con l’aria di chi insegna ma comprende: “Non piangere…”
“Non riesco ad accettare l’idea di averla persa, nonno…tutto adesso mi sembra inutile; tutto mi sembra insipido e sporco…”
“Devi farti forza. Io stesso cerco di darti forza.”
“Lei per me era così importante…forse neanch’io avevo capito quanto…” Gap guardava fuori dalla finestra dove alcune gocce di pioggia si posavano in un punto e poi veloci o lente ricamavano scie acquatiche lungo il vetro scivolando giu.
“Lo so; dentro di me so che devo superare questo momento, ma devo farlo da solo. Le parole di nessuno possono aiutarmi.”
La mano del Vecchio si posò su quella di Gap emergendo da sotto la coperta lisa e strapazzata da quelle gambe anchilosate che si portavano dietro l’odore di un antico armadio tarlato chiuso da anni e colmo dei vestiti di tre generazioni.
“Hai ragione. Le parole per ora non hanno alcuna importanza. Ma la avranno quando avrai maturato la certezza di potercela fare…quando ricomincerai a vivere e rivedrai un barlume di speranza riuscirai a ripensare con un altro spirito a ciò che ti dico…”; la voce del Vecchio continuava a fluire come un fiume tiepido lungo quel pomeriggio sornione e quando me ne avvidi calava già la sera e avevamo ripreso la strada del ritorno. L’atmosfera non era cambiata; sebbene il mio cuore fosse più leggero, come tutte le volte che rivedevo il Vecchio e sentivo il suo afflato morbido verso di me, la stessa cosa non era accaduta a Gap. In auto questa volta provai a sedermi di fianco a lui che mormorava fra i denti sottili parole di rabbia, ma non ci fece caso, e mi limitai a fissare il tappetino bagnato di pioggia.

Fu come un mese di gelo durante il quale ci si sveglia tutti i giorni con l’augurio in fondo al cuore che sia caduta la neve; si aprono gli occhi, si esala un freddo respiro da sotto la coperta calda, si tendono accuratamente le orecchie per udire fino in fondo il silenzio ovattato che pervade l’aria; ci si mette a sedere sul letto infilando le pantofole pelose e tiepide; ci si avvicina alla finestra con cautela, poca convinzione e molta speranza; una speranza che diventa sempre più evanescente fino a consumarsi del tutto man mano che la tendina seguita dal vetro si avvicinano e infine si guarda fuori fugacemente, quasi vergognandosi di quel pensiero sciocco…e lei è lì. Il silenzio bianco e la luce invadono gli occhi e si adagiano come una sciarpa di piacere attorno al capo; allora il caffè è più buono del solito; la radio trasmette solo splendide canzoni; la casa è bella e pulita; i vestiti profumati.
Ebbi la stessa sensazione durante quel periodo, in cui attendevo ad ogni istante il suo sorriso per me come una nevicata al mattino.
Che non venne mai.

domenica 4 gennaio 2009

La Premiazione.

Ecco, a grande richiesta di Greg, le fotine del premio.
A sinistra il momento della proclamazione del vincitore {me stessa hi hi.... :-)}, peccato sia un pò lontanuccia, e a destra sono in compagnia del mitico Giuliacci, The Weather Man!
Cliccando si possono ingrandire.

L'eclissi e il dirupo III

A tutti coloro che leggeranno il racconto, e anche a chi non lo farà, un augurio speciale per un propizio e felice 2009!!!!!



Terza parte

La notte dormivamo ancora insieme.
Lui sul suo lato sempre un po’ più scavato e caldo rispetto al mio. Sempre un po’ meno odoroso di pigiama e dopobarba; aveva preso l’abitudine di venire a letto con la stessa camicia indossata per uscire, aveva perso quella di curare il suo viso, che la barba lunga faceva apparire così magro e lacero.
Anch’io sentivo una coltre di sporcizia indelebile sulla pelle, unico familiare legame che mi lasciasse addosso l’odore di Gap, come un ponte sull’abisso che ormai ci separava, a letto e nella vita.
Ma quello strato di sporcizia era anche la prova tangibile della mia incapacità di aiutarlo e mi dimostrava quanto non fossi in grado di fare qualcosa per lui, nulla che potesse essere visibile, nulla che potesse apprezzare; nulla che non fosse simile all’evaporare di un mezzo respiro nel buio della notte. I germi purulenti avevano scavato fossati profondi fra le dune rase al suolo da un vento impazzito e malefico, e il mio cuore assomigliava forse ad una luna spenta ricoperta da crateri senza nome.
“Andiamo!” mi disse il mattino dopo.
Splendeva il sole e una sensazione di tepore mi colse perché la mia pelle abituata al gelo della casa, al gelo dei molti giorni e delle molte notti lontane dal contatto con le sue mani si era come inaridita e indurita.
Uscimmo e ci mettemmo in macchina. Io salii dietro perché mi piaceva; amavo guardare attraverso il lunotto posteriore la successione continua di alberi-persone-case-automobili ferme-cani al guinzaglio-qualche uccello fuori rotta-giornali abbandonati per terra, e sentirmi superiore a tutto; viaggiamo ad una velocità maggiore, spediti rispetto al mondo intorno. Preferivo stare dietro anche per non sostenere il carico di silenzio che impregnava la parte anteriore, l’odore di fumo, il contenitore in cui si ammucchiavano mozziconi, la radio spenta, i finestrini sigillati, l’odore dolciastro, aspro, penetrante come uno spillo dell’alberello giallo ciondolante, e il suo silenzio altrettanto pungente.
Quando arrivammo a casa del Vecchio il mio umore era già cambiato.
Costui era sempre gentile con me, quasi solidale, come se riuscisse a provare ciò che provavo io e ad elaborarlo nella sua mente piena di ricordi, di storie, sensazioni molte delle quali tutte uguali ma rese differenti dalla distanza temporale; altre diverse ma ormai irriconoscibili nella nebulosa indistinta del passato.
Il volto del Vecchio mi ricordava il tronco di un albero su cui una giovane mano avesse intarsiato lettere e disegni confusi sotto l’ombra del muschio che andava crescendo col trascorrere degli anni. La sua mano si posava a volte sulla mia testa e mi rivolgeva parole con la sua voce calda e tremolante: “So che anche tu stai soffrendo, anche se non lo dici.” Come facesse a saperlo continuo a chiedermelo, perché, per quanto possibile, cercavo di comportarmi come al solito e provai un senso di sdrucciolamento, perchè all’interno del mio cuore si era formato un lungo dirupo di pietre lisce e io vi stavo cadendo dentro scivolando.
Quando parlava con Gap il suo tono era quello di chi conosce molte cose.