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sabato 31 ottobre 2009

Alcune considerazioni...


Ci sono eventi che, quando accadono, sconvolgono l'opinione pubblica, come è giusto che sia.
L'ultimo di questi eventi è legato al nome, ormai tristemente noto, di Stefano Cucchi.
Eventi che sollevano le coscienze, inducono allo scambio di opinioni, spesso contrastanti, inducono alla solidarietà, al dissenso, a volte alla polemica, al confronto, alla condanna. Come è giusto che sia.
E' giusto che ciascuno abbia il diritto di dire la sua, di esprimere la propria indignazione, la propria sfiducia, a volte la paura, l'insicurezza, così come la voglia di capire, di avere giustizia, di non accettare quello che ci viene proposto come la verità e di andare a fondo. E' giusto e condivido in prima persona tutto questo.
Condivido la richiesta di giustizia, il desiderio di conoscere la verità; condivido lo scagliarsi contro ciò che è avvenuto e il desiderare che chi sbaglia paghi, ma sul serio, non come troppo spesso accade...
Ma non posso assolutamente accettare alcune affermazioni, e non poche e isolate, ma numerose e condivise, che ho letto ultimamente su Facebook e legate alla vicenda.
Affermazioni che si scagliano violentemente contro l'intera Arma, contro i Carabinieri e la Polizia in genere, come istituzione, contro le loro famiglie, contro persone non coinvolte nella vicenda, contro persone che vivono lontane anni luce nonché chilometri dalla vicenda, spesso compiendo il loro dovere con dignità e correttezza.
Come se questa fosse la soluzione al problema, e come se questo servisse a rendere pace e giustizia a una vicenda che in tal modo, diviene ancora più tragica.
Affermazioni che tirano con evidenza fuori spesso una rabbia sopita, nascosta dentro di noi, e che a volte, forse, si fa scudo di queste vicende, che meriterebbero più rispetto, per venire fuori.
Affermazioni che non discernono fra chi ha compiuto l'azione condannata e chi compie il proprio lavoro con dedizione e gettano nello stesso calderone il bene e il male, il giusto e l'errore, il positivo e il negato, solo perchè accomunati all'appartenenza a una categoria.
E sono proprio le categorie, la classificazioni, questa creazione di "anonimità" contro cui la società così spesso si ribella, per poi ricaderci individualmente al momento di commentare una tale vicenda.
La vicenda di Cucchi dovrebbe essere commentata a parer mio, con la moderazione tipica di chi vuol capire, di chi vuole esprimere il proprio dissenso, la propria indignazione, ma senza cadere in un gioco di condanne e accuse gratuite che istiga subconsciamente alla violenza e, se possibile, macchia ancora di più tutta questa storia...



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